Il piede piatto nel bambino
- traumi subiti dal piede o dalle caviglie
- artrite reumatoide infantile
- fattori congeniti
Si è soliti suddividere il livello di gravità del piede piatto in tre stadi:
1° stadio: l’arco plantare è ridotto, ma è tuttavia ancora il piede piatto (pes planus), che in termini medici viene denominato piede pronato vago, è un disturbo piuttosto diffuso nei Paesi occidentali.
Esso è caratterizzato:
a) da un arco plantare piatto che determina un contatto totale della pianta del piede al terreno quando il soggetto si trova in posizione eretta;
b) dal calcagno deviato verso l’esterno.
Va detto che nei primissimi anni di vita (ovvero fino ai 3 anni) questa condizione è del tutto normale, cioè a dire che costituisce una specifica fase dello sviluppo del piede del bambino.
La volta plantare, infatti, in seguito a una modificazione spontanea dell’assetto del retropiede, crescerà gradualmente nel corso dell’infanzia. Si tratta, in effetti, di una sorta di difesa del corpo che consiste in un accumulo adiposo sottocutaneo che, nei primi anni di vita, garantisce una adeguata protezione all’ossatura, ancora fragile, del bambino.
Qualora, tuttavia, malgrado si tratti di una condizione fisiologica, si rilevi nel soggetto una sintomatologia dolorosa (generalmente ai piedi, alle caviglie e alle ginocchia) è opportuno rivolgersi a uno specialista.
Va detto, d’altra parte, che, all’incirca, in una persona su sette questa condizione si protrae nel tempo, ovvero non scompare in età scolare e può essere considerata, pertanto, patologica.
Le principali e più diffuse cause che determinano il piattismo patologico sono le seguenti:
4. peso corporeo eccessivo (esso, infatti, grava sulle estremità del corpo)
presente e la sintomatologia dolorosa è assente;
2° stadio: la volta plantare non è visibile e il piede risulta morfologicamente alterato;
3° stadio: l’arco plantare è completamente assente e la deformazione del piede risulta essere irreversibile.
Gli esami diagnostici
Di fronte a una sospetta sindrome pronatoria, lo specialista sottoporrà il bambino a diversi esami clinici. In primo luogo, dopo la consueta podoscopia (analisi che consente di valutare l’impronta plantare) si effettuerà un baropodometro computerizzato, che consente di scannerizzare il piede e di visualizzare l’immagine sullo schermo del computer.
Grazie a questa analisi è possibile rilevare il grado di piattismo dei piedi e, nel contempo, ricavare tutti i dati necessari alla realizzazione di un paio di plantari che si adattino perfettamente alla conformazione del piede. Infine si procederà con i classici esami radiografici dei piedi sotto carico.
Coloro che sono affetti dal disturbo dei piedi piatti, al fine di contrastarlo in maniera efficace, possono ricorrere ai seguenti rimedi:
1. sottoporsi a una fisioterapia ad hoc, che consenta di sviluppare i muscoli del piede;
2. una volta compiuti i 5 anni di età è possibile utilizzare dei plantari su misura o, in alternativa, delle scarpe di tipo ortopedico: questi strumenti, pur non risolvendo il problema, tuttavia garantiscono al soggetto una postura corretta, che è fondamentale affinché non si verifichino problematiche a livello di scheletro. D’altra parte questi dispositivi medici sono senz’altro utili a migliorare la qualità di vita del paziente;
3. l’intervento chirurgico: quest’ultimo è consigliato solo nei casi di deformità gravi, ovvero quando il piattismo risulta molto accentuato. L’operazione può essere effettuata solo quando il soggetto ha completato lo sviluppo. L’intervento mini-invasivo di tipo correttivo a cui facciamo riferimento è denominato artrorisi endosenotarsica, che consente di migliorare l’anatomia plantare e di correggere la deviazione del calcagno e, di conseguenza, di ridurre la sintomatologia dolorosa e il senso di affaticamento. L’operazione avviene in anestesia locale e prevede una piccola incisione al di sotto del malleolo al fine di introdurre tra il calcagno e l’astragalo una vite, la quale ostacoli il cosiddetto fenomeno di pronazione, ovvero lo scivolamento delle due ossa.